Si torna, anche oggi, a parlare di recupero delle acque reflue, durante la seconda giornata del Festival dell’Acqua 2017. Questa mattina infatti, si è tenuto l’incontro “Economia Circolare dell’Acqua: riusi reflui trattati e valorizzazione dei fanghi di depurazione.” Durante l’incontro sono stati toccati due argomenti tra loro apparentemente lontani: il riutilizzo delle acque reflue e la valorizzazione dei fanghi di depurazione. Valorizzazione dei fanghi: un problema economico e sociale Quello della valorizzazione dei Fanghi, come spiegato da Roberto Mazzini (Segretario Tavolo di lavoro Depurazione di Utilitalia e Presidente di Milanodepur) in apertura,e il mancato sfruttamento dei fanghi rappresentano una problematica economica di non poco conto. Infatti, i costi sostenuti annualmente per lo smaltimento degli stessi dai centri di depurazione sono elevati ed essendo fortemente dipendenti dalla numerosità dell’utenza, ci si aspetta che tendano negli anni ad aumentare con l’aumento della popolazione. Pertanto, valorizzare la risorsa e individuare nuove opportunità di riutilizzo, come ad esempio le biomasse, è fondamentale per ridurre la spesa, ma anche per non perdere l’opportunità di riutilizzarli reinserendoli nel processo di depurazione, piuttosto che smaltirli.
Il contesto mondiale nel Report dell’UNESCO “Wastewater: The Untapped Resource”

Quella delle acque reflue è una problematica che coinvolge tutti i paesi del mondo, come dimostrato dallo studio dell’UNESCO “Wastewater: The Untapped Resource”, esposta da Stefan Uhlenbrook, Coordinatore UNESCO WWAP. Lo studio traccia il contesto sociale mondiale in cui si andrebbe ad inserire la nuova economia circolare dell’acqua: con l’aumento globale della popolazione e il conseguente aumento del ritmo delle attività umane produttive e non, la produzione di acque di risulta è aumentata. Come specificato da Uhlenbrook, la quantità di attività umane che producono acque reflue sono molte più di quelle che pensiamo e coinvolgono solo in minima parte gli attori del settore. Si pensi, inoltre, che, fatta eccezione per i paesi più sviluppati, nel resto del mondo l’85% delle acque reflue viene rilasciata direttamente nell’ambiente senza essere trattata, diventando così fonte di danni ambientali, per la salute dell’uomo e per le attività economiche. Questo avviene a causa di mancanza di fondi, infrastrutture e competenze tecniche e amministrative per realizzare il riciclo. Nei Paesi più sviluppati, invece, l’utilità economica e sociale del riutilizzo delle acque reflue è stata ampiamente riconosciuta, sia come riduzione dell’impatto ambientale sia come accesso ad una risorsa aggiuntiva di acqua in periodi di scarsità idrica. Nel settore agricolo, che da solo rappresenta il 70% del consumo d’acqua disponibile, i vantaggi del ricorso alle acque reflue rappresenterebbe non solo l’opportunità di avere accesso ad una fonte idrica a basso costo e basso impatto ambientale, ma , se correttamente trattata, la “nuova acqua” sarebbe anche un’ottima fonte di minerali e nutrienti necessari alla pianta, aumentando la qualità e la sicurezza alimentare . Per poter realizzare questo, si ribadisce ancora una volta l’importanza del ricorso alla Circular Economy. Come sottolineato nell’intervento, sono molti i settori dove già esiste questa realtà, si pensi ad esempio al settore della plastica e dei metalli, dove i materiali sono riutilizzati infinite volte prima di essere smaltiti. L’Economia Circolare delle acque reflue secondo l’UNESCO, offre il corretto bilanciamento tra sviluppo economico, sostenibilità ambientale e protezione delle risorse naturali, ma perchè diventi realtà è necessario creare le condizioni sociali favorevoli, ovvero accesso agli investimenti nel settore e aumento della consapevolezza della popolazione. “Esiste infatti un problema di accettabilità di quello che non verrebbe percepito come un “prodotto perfetto””, come esposto anche da Roberto Mazzini, per quanto riguarda la valorizzazione dei fanghi.Il problema tuttavia sarà superabile solo quando si uniranno gli sforzi (economici e divulgativi) del settore pubblico e di quello privato. A chiusura dell’intervento, Uhlenbrook, infatti ci ricorda che l’acqua utilizzata nelle stazioni spaziali viene continuamente utilizzata, depurata e riutilizzata, senza alcun impatto sulla salute dell’uomo.
Il contesto del Bacino del Mediterraneo: le acque reflue sono la soluzione definitiva?

Attraverso l’intervento di Nicola Lamaddalena (CIHEAM-IAMB)“Il ricorso alle acque di riuso: risorsa per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo?” si restringe geograficamente il campo dell’analisi, chiedendosi se esiste realmente la necessità di ricorso alle acque reflue per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Si tenga presente che esistono una serie di fattori da considerare per rispondere alla domanda: innanzitutto, negli ultimi anni si è registrata una riduzione delle precipitazioni dei paesi a sud dell’Europa del 10-20% rispetto a Paesi al Nord, il che implica anche una riduzione della risorsa idrica disponibile, per un territorio che invece registra un tasso di crescita demografico elevato.
Questo dato dà una misura di quanto poco sia bilanciato il rapporto tra domanda ed offerta di acqua, soprattutto per i Paesi del bacino del Mediterraneo. La migliore strategia per riequilibrare i rapporti tra domanda ed offerta, risulta essere proprio quella di aumentare la disponibilità d’acqua, strategia però inattuabile con i mezzi economici e sociali attuali, in quanto non si tratta di una indisponibilità “economica” ma “fisica”. Nel primo caso infatti, si tratta di un problema di natura totalmente diversa, per l’appunto, economica, in cui c’è disponibilità d’acqua ma mancano le risorse per collegare la fonte all’utenza; nel secondo caso, invece, si è avuto l’esaurimento della risorsa alla fonte. In questo contesto, la risposta che Lamaddalena fornisce alla domanda iniziale riguardo alla necessità del ricordo all’acqua reflua non può che essere positiva, sebbene questo risulti inefficace nel coprire l’intero ammontare di acqua necessaria. In queste regioni, infatti, la quota di acqua utilizzata in agricoltura supera l’80% (13% acqua potabile, 6%industria), quindi anche devolvendo l’intero 13% d’acqua potabile all’agricoltura attraverso il processo depuratorio, si avrebbe certo un vantaggio ma non la totale risoluzione del problema.
Il ruolo della ricerca e i nuovi scenari
Alle parole di Vito Felice Uricchio, del CNR-ISPA è invece affidata la ricostruzione di quanto fatto in questo campo dalla ricerca scientifica e l’identificazione delle sfide future che attendono il settore.
Nell’intervento “Economia circolare idrica: cosa attendersi dalla ricerca avanzata”, si declina la questione dell’economia circolare in chiave ecologica: “la natura agisce tramite un ciclo chiuso, e non produce rifiuti”. In altre parole, l’applicazione della circolarità dell’economia dell’acqua sarebbe un ritorno alle origini, una reinterpretazione dei comportamenti dell’uomo emulando quello della natura, “basti pensare” continua Uricchio “che i 94 processi naturali fondamentali sono tutti chiusi e tutti coinvolgono l’acqua”. Ma perchè tutto questo sia realizzabile bisogna promuovere il riuso, attraverso l’impegno finanziario (aumentare gli incentivi attraverso una “fiscalità circolare”, che inviti al riciclo) ed esplorando i nuovi scenari della ricerca. Questa negli ultimi anni ha affrontato le tre maggiori problematiche del settore idrico:
- maggiore controllo e lotta all’illegalità: attraverso il progetto SENTINEL e il sistema COPERNICUS si è realizzata una rete di 3 serie di satelliti che possono essere utilizzati per verificare eventuali abusi idrici (emungimento illegale da falda)
- ricarica della falda:progetti come il progetto Frame che permette la ripermeazione dei suoli attraverso la sua depurazione. Inoltre, grazie all’attuazione del Decreto Legge 100 del 2016, che apre la possibilità di ricarica con acqua in buono stato, si delineano nuovi campi di applicazione di questo tipo di progetti, che prevede appunto, il reintegro in falda dell’acqua reflua trattata.
- riuso di acqua e fanghi: i progetti su questo tema hanno mirato a identificare le metodologie adeguate per poter trattare le acque e i fanghi in maniera tale da estrarre fanghi di alta qualità (progetto SBBGR), degradare sostanze recalcitranti altamente inquinanti (Progetto BIOCAM), ottenere bioplastiche, realizzare un sistema bioelettrochimico (in questa maniera il depuratore da “energivoro” diventa fornitore di energia), utilizzare membrane autoformanti e produrre elementi ad elevato valore aggiunto che possono essere estratti dal fango e utilizzati per la produzione di plastiche, bioplastiche e biofuel.
A conclusione di questa seconda giornata di dibattito in merito, possiamo concludere che il ricordo all’economia circolare, in cui il rifiuto diventa risorsa, è una straordinaria fonte di vantaggio non solo economico , per le aziende di depurazione o quelle agricole che vedranno ridursi i propri consumi di acqua, ma anche un vantaggio sociale e ambientale, che delinea un futuro “wasteless”.